Слайд 2
Perché fare 3D in Archeologia
Valorizzazione: operazione tramite la
quale si insegna, a chi è privo della formazione
necessaria, a comprendere il valore intrinseco di un bene culturale, che altrimenti rischia di rimanere astratto, fine a se stesso e per certi versi “ideologico”
Divulgazione: operazione che con opportuni metodi di sintesi rende comprensibile al “profano” la complessità propria della ricerca scientifica e, ancor di più, della stratificazione storica
Comunicazione: le strade da percorrere affinché il messaggio valorizzante e divulgativo raggiunga nel miglior modo possibile il target di destinazione
Ricerca: esplicitazione di metodi tramite i quali l’uomo moderno è in grado di comprendere e ricostruire usi e costumi dell’uomo antico
Слайд 3
Perché fare 3D in Archeologia
Per valorizzare, poiché grazie
al digitale è possibile riprodurre con la massima fedeltà
il bene culturale, instillando quel senso di curiosità che induce il visitatore a voler prendere contatto con esso
Per divulgare, poiché grazie al digitale è possibile sfruttare l’interattività nel multimediale che consente di “azzerare” la distanza tra profano e complessità archeologica
Per comunicare, poiché grazie al digitale si può istantaneamente e al tempo stesso raggiungere Tokyo e Honolulu
Per ricercare, poiché il digitale costruisce un framework in continuo divenire, una piattaforma di simulazione e verifica di ogni ipotesi, di analisi della stessa “qualità” della ricerca, costringendo a risolvere problemi altrimenti non pianificati
Слайд 4
Perché fare 3D in Archeologia
Anastilosi virtuale
Interazione sensomotoria: il
coinvolgimento multisensoriale del mondo virtuale incrementa l’apprendimento (Ingold 2000)
Trasparenza
dei dati
Ricerca di tipo olistico e costruttivista: la ricostruzione È ricerca, È conoscenza, non è solo rappresentazione
Ecosistema: contestualizzare le connessioni con altri elementi dell’ambiente, ovvero il paesaggio
Cfr. “L’archeologia virtuale”: Forte 2007
Слайд 5
Perché non fare 3D in Archeologia
Perché è di
moda
Perché fa figo sviluppare app per iPad
Perché è tecnologico
Perché
fa spettacolo
Perché si possono fare tanti soldi (ma che stai a dì…)
Perché non so fare altro nella vita (cambia mestiere…)
…
Dov’è il progetto di ricerca in tutto ciò?
Слайд 6
3D & ARCHEOLOGIA
Problemi aperti: generazione, disponibilità, interscambio, fruizione
pubblica del dato
Слайд 7
Prima dell’open data
La necessità di rendere disponibile come
aperto il dato completo della ricerca archeologica alla comunità
scientifica si scontra con due esigenze: gestione del Bene (non tutti possono/devono sapere tutto: un sito in area privata quanto può essere “aperto”?), protezione dell’usanza (=“diritto”?) di prima pubblicazione del Bene (che non è uguale a “proprietà intellettuale” e che può richiedere un periodo temporale anche molto lungo, in termini di anni: la legge sull’archeologia preventiva prevede 3 anni)
Inoltre, quale dato? Il dato digitale grezzo ammonta a decine di Gigabyte, come si può pensare di metterlo in rete senza acquistare apposite piattaforme hardware, il cui costo le rende appannaggio solo di grandi società e pubbliche istituzioni? D’altronde, che tipo di dato posso rendere disponibile già processato senza inficiare l’analisi della ricerca da parte di terzi?
Servirebbe prima di tutto un ragionamento mirato e puntuale sul tipo di dato da aprire, che sia già prodotto o ancora da produrre.
Слайд 8
Open data e Archeologia
Tuttavia l’open data, ovvero
il dato aperto e disponibile a tutti, sta all’Archeologia
come il portiere sta al calcio: non si può giocare senza.
Se in una ricerca è possibile aprire soltanto il 5% dei dati prodotti, per i più disparati motivi, ebbene deve essere un obbligo morale aprire quel 5% di dati.
Open data significa favorire la ricerca, aiutare la discussione scientifica, avere dati veri per costruire formule matematiche di calcolo del potenziale archeologico, etc.
Difficilmente può esistere l’open data se non viene coniugato con l’open access, salvaguardando attraverso apposite licenze CC il “diritto di attribuzione” e di “parternità del dato” a protezione del senso stesso di ricerca.
From: http://citizenibm.com/2012/01/visualization-and-open-data-in-helsinki.html
Слайд 9
Open data e Archeologia
Forse in Italia si
fa ancora troppa fatica con l’open data, soprattutto in
un sistema altamente accademico come quello archeologico, perché i teorici dell’open data vogliono arrivare su Marte prima ancora di raggiungere la Luna.
Non si può chiedere di rendere disponibile liberamente il dato anche per opere commerciali (perché io devo lavorare per far guadagnare soldi agli altri? Questo fattore è già previsto all’interno dell’Open Knowledge Definition).
Non si può chiedere che i dati grezzi vengano subito messi in rete, lasciando magari che altri pubblichino il lavoro altrui (infelice timore non infondato del “furto dati”; però è importante che entro un certo limite di tempo quel dato venga poi rilasciato come aperto).
Problema della certezza che il dato che circola in rete sia controllabile nella sua veridicità: consentendo lo Share-Alike, quali sistemi attuare per impedire che circolino dati “taroccati” ad arte? Sistemi di firma digitale ad alto livello di crittografia?
Nulla di tutto questo va confuso con la “proprietà intellettuale” del dato archeologico, che non esiste per definizione (e che alcuni confondono con la “paternità/maternità intellettuale”).
The 5 stars of open linked data
from: http://inkdroid.org/journal/2010/06/04/the-5-stars-of-open-linked-data/
Слайд 10
Open data e archeologia
Lavoriamo innanzitutto per rendere preminente
il concetto di pubblicazione preliminare, poi lavoriamo per imporre
la pubblicazione finale entro limiti di tempo certi, più che con una legge ad hoc, con un sistema che prevede rinnovi di concessione e finanziamento alla ricerca sulla base del pubblicato, della sua qualità, sia scientifica che open, invece che sul “diritto”.
Solo questo crea il terreno fertile per un dibattito vero sull’open data e non confinato nelle varie parrocchie. Si arriva su Marte solo passando per la Luna.
Senza dimenticare che se la discussione non è supportata da iniziative di tipo legislativo idonee, discutiamo dell’aria fritta. Fino ad oggi, la legge (in primis europea) ha sempre inteso “proteggere” i dati in seno ad università, enti di ricerca, musei, archivi, biblioteche.
Per ora, è già una buona base di partenza operare seguendo le indicazioni fornite ad es. nel Codice dell’Amministrazione Digitale e nel Vademecum per l’Open Data redatto dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione.
Infine, dati aperti ma anche gestibili: "our mission of disseminating knowledge is only half complete if the information is not made widely and readily available to society“ (Berlin Declaration on Open Access 2003).
http://www.dati.gov.it/sites/default/files/VademecumOpenData.pdf
http://www.funzionepubblica.gov.it/lazione-del-ministro/cad/nuovo-codice-dellamministrazione-digitale.aspx
Слайд 11
Open data e archeologia
Sarebbe necessario investire preventivamente nella
gestione remota del dato archeologico, la cui complessità non
lo rende maneggiabile dal semplice appassionato, dalla società.
Oggi poi, si può parlare di vero open data e di vero open access se i dati disponibili sono accessibili anche in mobilità, ad es. su tablet e smartphone, cosa che risulta ancora estremamente complessa vista la natura e le piattaforme di gestione.
I dati cartografici (per certi versi i più importanti) andrebbero poi forniti il più possibile attraverso servizi di WMS aperti, non soltanto attraverso sistemi WebGIS, come fa la NASA piuttosto che il Ministero per l’Ambiente italiano.
Servizi in modalità WMS (Web Map Service)
Слайд 12
Prima dell’open format
Rendere disponibile un file salvato in
un formato aperto, consente ad un utente terzo di
poterlo visualizzare senza essere legato ad uno specifico software/piattaforma
Ma sarebbe sbagliato pensare di sfruttare i formati aperti “proprietari” dei software open source, poiché la loro importazione in pacchetti che non usano quei formati in modo nativo può portare ad una eccessiva perdita di informazioni.
Mettiamoci in testa che il mercato del software non può essere controllato per via ideologica, costringendo l’utente a utilizzare un determinato programma (almeno finché non saremo come la Corea del Nord), per quanto open source quindi libero.
Questione di durabilità del formato di salvataggio: non esiste alcuna certezza che 1 solo dei formati attuali, che sia proprietario oppure aperto, sia ancora leggibile tra 1000 anni. Tra 100 anni potrebbe essere messo a punto un formato di salvataggio fantastico che diventerà lo standard del futuro: chi volesse recuperare i file di oggi dovrà programmare i software su apposito codice, ma quel codice dovrà essere letto dai futuri linguaggi di programmazione e conservato, questione che apre un altro capitolo sui supporti di memoria.
Слайд 13
Durante l’open format
È un fatto noto, studiato e
conosciuto da anni il problema della deperibilità dei supporti
di memorizzazione delle informazioni
La pietra è un sistema che può durare migliaia di anni, ma il materiale organico no: papiri, pergamene e poi la carta possono avere vita molto lunga (nell’ordine di centinaia di anni) solo a patto di costanti restauri
I nastri magnetici (ancora in uso ad esempio al CERN), hanno oggi una vita garantita di 30 anni (ovvero dopo 30 anni sono sicuro di poter leggere i dati), laddove CD/DVD/USB/Hard Disk/SSD non risulta siano garantiti per periodi superiori a 10 anni. Vi sono poi problemi di perdita di magnetismo, di carica elettrica, di meccanica, che possono impedire ad un supporto di essere letto tra tot anni: come per la carta, anche nel digitale si deve parlare di restauro. Le foto “analogiche”, i film su pellicola, si rovinano nel tempo, ma possono anch’essi essere restaurati: non potrà mai esistere il supporto indistruttibile, eterno, piuttosto che porsi il problema di come trovarlo, bisogna porsi il problema di come pianificare i restauri (che nel caso dei supporti digitali significa semplicemente: acquistare un nuovo supporto backup completo nuova archiviazione) ma, prima di tutto, di non pensare che il digitale possa occupare uno spazio infinito. La moltiplicazione dei supporti di archiviazione comunque pone anch’essa dei problemi di facilità di consultazione e di conservazione, che non possono essere ignorati. Raw data, ma non sempre
Слайд 14
Raw data, ma non sempre
Per comprendere quanta cura
necessitino i dati grezzi si possono fare due esempi:
A
volte il dato grezzo è come una fragola, commestibile appena colta
Altre volte il dato grezzo è come il carciofo, che va pulito, cotto e condito prima di essere mangiato
Se parliamo di accesso pubblico, è necessario mettere le terze persone, anche semplici appassionati, in grado di utilizzare questi dati (Berlin Declaration on Open Access 2003), altrimenti che open data è?
Inoltre la dimensione di questi dati è generalmente spropositata per le capacità della rete ADSL italiana, oltre a comportare problemi di immagazzinamento da parte di terzi già alle prese con i propri dataset.
Слайд 15
Oltre l’open format
C’è poi un malinteso senso di
software proprietario: AutoCAD è un software commerciale, DWG un
formato proprietario, ma DXF uno standard di interscambio in formato ASCII con caratteristiche pubbliche. Ma DWG è uno “standard di fatto” e alcune sue caratteristiche di database avanzato non sono salvabili in DXF: questo significa che l’elaborazione di una planimetria deve rispondere a determinate esigenze, ma se io voglio usare AutoCAD e ho bisogno delle sue caratteristiche avanzate, ai fini dell’open data vero e proprio come mi dovrei comportare? Considerando poi che i CAD open source (QCAD, LibreCAD), non consentono il disegno in 3D, la loro utilità a fini di ricerca è pari a zero, ed il fatto che siano open source mi deve importare un fico secco.
3DS Max è un software commerciale, MAX un formato proprietario, ma FBX uno standard di interscambio con caratteristiche pubbliche.
Infine, attenzione a confondere formato proprietario con formato chiuso: ci sono formati proprietari, anche brevettati, che sono di dominio pubblico (come il DNG e il DOC). Specifiche pubbliche e formato di dominio pubblico sono già una buona base di partenza per distribuire ad ampio spettro i dati digitali.
Se ci affranchiamo dalle “ideologie”, che sono dannose a prescindere anche quando puntano ad obiettivi encomiabili, la discussione si semplifica, si evitano guerre di quartiere e si possono azzerare molte potenziali criticità.
Слайд 16
Net Index by Ookla over the past 30
days
Fonte dati: http://netindex.com/
Quality index based on pingtest and R
Factor on distance between client and server less than 300 miles
La qualità della rete e la sua velocità sono parametri fondamentali quando si parla di servizi web-based o che richiedono la rete internet per essere fruiti appieno. Non è mettendo la benzina a 100 ottani dentro una 500 che la si farà andare come una Ferrari…
Слайд 17
Oltre l’open source
I programmi a codice aperto, che
consentono all’utente di modificare il core del software, adattarlo
alle proprie esigenze e scambiarlo liberamente con la comunità scientifica, hanno costruito nel tempo una solida base di ripensamento culturale sul ruolo dell’informatica, consentendo un solido avanzamento delle conoscenze.
Ma, guai se diventassero una forma di “ideologia”, di “totem” della ricerca scientifica: sono gli uomini a fare i programmi, sono gli uomini a fare la ricerca, sono gli uomini a fornire le risposte alle domande. Quando SkyNet sarà realtà potremo andare oltre…
Bisogna definitivamente affrancarsi dall’idea che è lo “status” della licenza di un programma a fare la qualità della ricerca, e non i dati che vengono sottoposti ad analisi; di più, sono gli strumenti che il programma offre per l’analisi ad indirizzare verso risposte corrette: l’archeologo non ha il compito di “programmare” (non studia per questo), non ha i soldi (sic!) per “far programmare”. Il miglior software non è quello open source ma è quello che l’utente sa usare ma soprattutto quello in grado di fornire le risposte cercate.
Слайд 18
Oltre l’open source
Nella scelta di un programma, più
che la tipologia di licenza, per certi versi fine
a se stessa, contano:
Stabilità, potenza e velocità d’analisi del software
Facilità di utilizzo e apprendimento
Possibilità di estensione tramite script e plugin
Presenza di una folta comunità di sostegno, sia tecnico che fattivo
Superare la visione che il software commerciale è un mondo chiuso oltre il quale c’è la Geenna; superare la visione che il costo del software commerciale è risorsa tolta alla ricerca; superare la visione che il software open source è a prescindere migliore del software commerciale: in campo puramente visivo non è praticamente mai vero (Blender vs Maya, The Gimp vs Photoshop, Inkvector vs Illustrator, VirtualDub vs Premiere, Meshlab vs Polyworks, etc.), in campo scientifico (analisi matematiche, ingegneristiche, etc.) può essere vero, ma non è detto che sia sempre vero.
Слайд 19
Oltre l’open source
Infine, affranchiamoci definitivamente dall’idea che open
source voglia dire semplicemente gratuità o libertà di utilizzo:
open source è una filosofia di produzione e gestione del dato, è la famiglia che raccoglie espressioni come open data e open format, come tale va coniugato nel senso di open knowledge, “conoscenza aperta” ovvero “conoscenza per tutti”, che può essere prodotta anche attraverso programmi commerciali (non ditelo a Stallman però!!!).
Open knowledge significa accessibilità dei dati archeologici, senza confondere la tutela di chi produce dati archeologici con una inesistente proprietà intellettuale degli stessi (l’Archeologia è pubblica, tanto più se si pretende di continuare a fare archeologia soltanto con i denari di Pantalone).
Слайд 20
L’open source = risparmio?
Si sente spesso ripetere che
la necessità di passare all’open source derivi da una
esigenza di risparmio.
Bisogna comprendere che È un falso problema.
Esiste un risparmio assoluto, che deriva dal mero conteggio dei costi di licenza di un software.
Esiste un risparmio relativo, che deve tenere presente il costo di formazione del personale ed il costo/tempo in termini di produttività. Senza dimenticare il problema del supporto tecnico.
Velocità nel processamento dati e stabilità del software sono parametri decisamente più importanti del costo di un programma (che molti continuano a confondere tra primo acquisto, aggiornamento e subscription).
Слайд 21
Open hardware = risparmio!
Il dibattito che da tempo
infiamma il problema tra dato
digitale open e produzione
scientifica (spesso ancora
closed), più avanzato all’estero ma da qualche anno fortunatamente introdotto ad alto livello anche in Italia, non è affiancato da un tema che per certi aspetti lo precede: quello dell’open hardware.
Si fa un bel dire a produrre dati open quando la maggior parte delle strumentazioni producono esclusivamente dati proprietari (si pensi soprattutto ai laser scanner 3D).
Se continuiamo a chiamare “nuova tecnologia” ciò che è vecchio di 30 anni, difficilmente arriveremo a concepire un lavoro legato alla generazione di dati che siano open già in input e non solo in output.
E pensare che una delle piattaforme open hardware di maggior successo internazionale è italiana, ovvero Arduino, attraverso i moduli del quale e poche righe di codice è possibile controllare praticamente qualsiasi cosa che sia interfacciabile.
Слайд 22
Formati di file per un repository aperto
DNG: brevettato
da Adobe ma di pubblico dominio, formato comune per
l’interscambio di fotografie in formato RAW (cd. Negativo digitale)
PNG: formato aperto lossless per l’interscambio di immagini già elaborate (non è dato grezzo). Basta jpeg nella documentazione archeologica please!
DXF: di Autodesk ma dalle specifiche conosciute, formato di interscambio per i disegni tecnici, a patto di accettarne i limiti con le conseguenze del caso; DWG, standard di fatto
FBX: di Autodesk ma dalle specifiche conosciute, formato di interscambio per la computer grafica, a patto di accettare la possibile perdita di dati in esportazione; COLLADA, formato di interscambio open source (di tipo XML)
DOC: di Microsoft, standard di fatto, sono state rilasciate le specifiche del formato; per il puro testo meglio ODT, formato libero. Meglio ancora sarebbe passare gradualmente a formati basati sul linguaggio di markup XML
CSV: formato di file di tipo testuale per le tabelle dati, generate da fogli elettronici e database
7Z: di 7-Zip, software open source; oppure GZIP, di GNU-Zip, software open source
SVG: formato aperto per la grafica vettoriale (di tipo XML)
OGG: formato contenitore libero per file audio-video basato su codec liberi
Слайд 23
Il ruolo dell’archeologo nel dato digitale
Rendere disponibile il
dato grezzo e il dato elaborato significa aver chiari
i limiti e le possibilità offerte dal digitale: il ruolo dell’archeologo diventa preminente nel momento stesso in cui è necessario conoscere problemi e soluzioni dei formati di interscambio, che comunque significano perdita di parte del dato originale.
Sapere cosa e come modellare cosa per non ritrovarsi a generare file che non contengono quelle informazioni, registrabili soltanto nei formati “proprietari” del software usato.
Слайд 24
Open data & open knowledge at a glance
Open
data & open knowledge hanno un solo obiettivo: la
trasparenza. Ovvero, io so come tu sei arrivato a quelle conclusioni.
La trasparenza del dato scientifico significa mettere il lettore nelle condizioni di conoscere fonti, metodi, collegamenti, in poche parole i processi cognitivi del ricercatore.
Si può dibattere sul significato dell’espressione “sito archeologico”, ma è certo che è sito ciò che ha una relazione con l’ambiente e le culture che lo circondano. La trasparenza del dato consente di capire quale livello di attendibilità scientifica raggiunge una ricostruzione.
Слайд 25
Tablet & Smartphone
Comunicare in digitale
Слайд 26
L’evoluzione dei mobile device ha radicalmente ed in
pochissimo tempo cambiato il mercato: importanti osservatori si chiedono
oggi se l’era del PC stia volgendo alla fine. Ci vorrà ancora molto prima che i c.d. “computer desktop” o i grandi portatili cedano il passo, ma se pensiamo ai netbook la cui esplosione è stata registrata pochissimi anni fa e che già adesso appaiono obsoleti, si rende evidente come il futuro sia in parte già tracciato.
Microsoft con Windows 8 e la sua interfaccia Metro di tipo cross platform è pronta a cavalcare il cambio di paradigma, con un sistema operativo in grado di essere installato anche sui tablet, che anzi saranno essi stessi trasformati in netbook, potendo passare facilmente da un ambiente desktop ad un ambiente tipicamente mobile, nel quale con il mouse sarà possibile replicare le gesture del touch, e che porterà una nuova filosofia nel modo di fruire dei contenuti in mobilità.
Tablet & Smartphone
Слайд 27
Gestire la comunicazione su mobile device significa tante
cose:
L’utente ha la possibilità di portare sempre con sé
qualsiasi tipo di informazione, un’enciclopedia, tenendola in tasca
L’utente è invogliato ad usare le applicazioni, poiché apportano quell’interattività via gestures che rispetto ad un PC rende l’utente maggiormente protagonista
Consentono di esplorare la cultura in forme totalmente nuove: grazie alla multimedialità la complessità può essere molto più facilmente spiegata rispetto alle immagini statiche di libri, guide cartacee e pannelli esplicativi, che in ogni caso presuppongono un minimo di competenza in materia da parte dell’utente
Essendo portatili e disponendo di numerose funzioni come fotocamera, GPS, accelerometro, bussola, etc. sono perfetti per i c.d. “Urban Trick”, Location Based Gaming che possono costituire davvero un cambio totale di paradigma tra offerta culturale dei musei, intrattenimento del cliente, returning visitors e quant’altro
Tablet & Smartphone
Слайд 28
Principali vantaggi
Interattività
Multicanalità one click
Compattezza e leggerezza
Bassi costi
Marketplace
Lunga autonomia
Grande
quantità di piattaforme diverse (soprattutto Android)
Scarso feedback delle generazioni
più “anziane”
Scarsa leggibilità in esterni ed ambienti particolarmente illuminati
La geolocalizzazione non funziona in ambienti interni
App “leggere” necessitano di connessione veloce ad internet per ulteriori dati
Tablet & Smartphone
Principali svantaggi
Слайд 29
Il problema principale è quasi certamente la grande
quantità di dispositivi diversi, in termini di hardware e
software: nel caso del famoso iPad, la prima versione non aveva la fotocamera, al contrario la terza versione ha quattro volte la risoluzione grafica ed una potenza almeno 5 volte superiore. Per il primo caso applicazioni di realtà aumentata non sarebbero possibili, né contenuti video FullHD, al tempo stesso applicazioni molto fluide sul “Nuovo iPad” potrebbero “girare” male su iPad 1. Nel programmare un’app culturale, come dovremmo comportarci? Escludere la classe di utenza che non è “migrata” o pensare a contenuti alternativi che riplichino esperienze possibili sul New iPad ma non su iPad 1?
Tablet & Smartphone
Слайд 30
Se lo sguardo viene spostato sul mondo Android,
si entra in una grande giungla: dimensioni di 7”
o 10”, almeno 3 versioni diverse di OS (2.3, 3.1, 4.0), grande varietà di hardware perché non c’è un solo produttore ma una schiera di produttori di devices. A sinistra un dispositivo del 2010, a destra un dispositivo di ultima generazione, sul quale manca connettività 3G: un museo che volesse offrire contenuti interattivi prelevabili dalla rete, dovrebbe contestualmente offrire connettività WiFi.
Tablet & Smartphone
Слайд 31
Per non allungare in maniera eccessiva questa lista,
un iPhone ed uno smartphone Android di medio livello,
presentati entrambi a fine 2011: la differenza di prezzo qualifica prestazioni e fasce di mercato, però ancora una volta la scelta di quanto rendere fluida una applicazione (oltre alla portabilità) su quale dei due dispositivi va basata? Sul più venduto per offrire una esperienza ottimale alla clientela potenzialmente maggiore? O sull’OS più diffuso? Questione di pianificazione a priori del problema: tablet e/o smartphone, user experience delle due diverse piattaforme, espansione sul mercato, future prospettive, etc.
Tablet & Smartphone
Слайд 32
Traffico da rete mobile
Fonte dati 2011 ShinyStats su
> 7.000.000 di pagine visitate.
Fonte dati 2012 ShinyStats su
> 200.000.000 di pagine visitate. Traffico da dispositivi mobili = 14% del totale, in crescita costante. Windows Phone attualmente si attesta al 1%.
Слайд 33
Mobile Data Traffic 2011-2016
Mobile data traffic will grow
10-fold between 2011 and 2016, mainly driven by video
Mobile
broadband subscriptions grew by 60 percent in one year and are expected to grow from 900 million in 2011 to almost 5 billion in 2016
By 2016, users living on less than 1 percent of the Earth's total land area are set to generate around 60 percent of mobile traffic
On the Pulse of the Networked Society, revealing that by 2017, 85 percent of the world's population will have 3G coverage
50 percent of the world's population will be covered by 4G in 2017
Smartphone subscriptions expected to reach 3 billion in 2017
Mobile subscriptions reached 6.2 billion in Q1 2012 and 170 million new mobile subscriptions were added during the quarter
Global data traffic to grow 15 times by the end of 2017
http://www.ericsson.com/news/1561267
http://www.ericsson.com/news/1617338
Слайд 34
Mobile commerce in US by Statista
Fonte: http://mashable.com/2012/06/07/mobile-commerce-infographic/
Слайд 35
Mobile Users Demographics by Google
Fonte: http://www.applix.it/upload/fckeditor/file/final_global_smartphone_user_study_2012.pdf
Слайд 36
Mobile Operating Systems Market Share
http://www.globalnerdy.com/2012/05/07/the-windows-phone-predictions-that-idc-gartner-and-pyramid-research-probably-hope-youve-forgotten/
Слайд 37
Mobile Operating Systems Market Share
http://www.globalnerdy.com/2012/05/07/the-windows-phone-predictions-that-idc-gartner-and-pyramid-research-probably-hope-youve-forgotten/
Слайд 38
Internet Trends from start to 2015
http://www.morganstanley.com/institutional/techresearch/pdfs/Internet_Trends_041210.pdf
Слайд 39
Facebook, Twitter, Google+, Pinterest, Linkedin, etc.
L’universo della comunicazione
su internet è vastissimo e variegato: poche piattaforme sopravvivono
nel tempo, alcune nascono e muoiono, altre fanno fortuna poi entrano nel dimenticatoio: seguire i trend, la moda, oppure seguire la massa?
Una pianificazione di comunicazione culturale oggi dovrebbe reggersi sui seguenti assiomi: portale di servizi e informazioni, fresche e frequentemente aggiornate; esperienza interattiva con gli utenti mirata: su Facebook proporre dei contenuti, su Twitter altri contenuti, su Google+ altra tipologia di contenuti ancora; sviluppo di campagne di marketing che intercettino la risposta dell’utenza in base alle sollecitazioni proposte sui vari canali.
Слайд 40
Social Media e Archeologia
Replicare i contenuti su ogni
piattaforma è errato; utilizzare i social media come “strilloni”
di rilancio di quanto è pubblicato sul sito internet è sbagliato. Su Facebook l’utenza è portata a condividere contenuti; su Twitter il messaggio deve essere pregnante in 140 caratteri, invogliare al retweet; Google+ è oggi un social più tecnico e professionale, dove i più grandi vantaggi si ottengono se l’ente si comporta come “azienda”: le cerchie inoltre sono un’esperienza sociale nuova, più interattiva, più coinvolgente, più “pulita”.
Tutto questo è nulla senza che i contenuti siano trovabili; per essere trovati sui motori di ricerca (Google, Bing, Yahoo!, etc.), devono essere pensati e strutturati per essere da loro “catturati”, catalogati nella giusta maniera, risultare interessanti. SERP, SEO e Page Rank sono concetti a cui si vanno affiancando autorship e autor rank: in futuro sarà sempre più l’utente, con la sua interazione sociale, con i suoi retweet e i suoi +1 a decidere come Google (che per ora non “vede” Facebook) deve mostrare i risultati nelle ricerche
Слайд 41
Web & Archeologia
Come cambierà il web in futuro?
Nessuno lo sa: Google ha acquisito una posizione predominante
e ha in mano degli strumenti potentissimi in grado di rivoltare il web come un calzino. Se e come deciderà di utilizzarli non è dato sapere: dall’altro lato, il fatto che ci sia una sorta di tacito accordo tra Microsoft e Facebook, che quest’ultima si sia comprata un social come Instagram, lascia intendere che la battaglia per il dominio sul web è tutt’altro che segnata. Gli utenti, ovvero noi, siamo però attori primari, nel modo con il quale interagiamo con questi strumenti e nel modo in cui utilizziamo le funzioni che ci vengono messe a disposizione.
Il Web semantico, o anche Web 3.0, sarà un giorno realtà? Cosa cambierà? Gli attuali contenuti come verranno influenzati? Dovranno essere interamente riscritti?
Слайд 42
3D & archeologia
Attualità e future prospettive
Слайд 43
3D ed Internet per l’Archeologia
Infine, il problema della
divulgazione online dei modelli digitali ricostruttivi: l’informazione culturale prodotta
in archeologia che esce in rete sotto forma di carte tematiche, modelli tridimensionali, immagini, articoli, approfondimenti, etc. è estremamente più articolata del semplice giornale online, del blog di news, del forum di discussione, del sito internet vetrina aziendale. È una complessa architettura che deve giustapporre informazioni ad alto contenuto scientifico e culturale, mostrandole all’utente con la presunzione che quest’ultimo non abbia la formazione necessaria per comprenderle fino in fondo.
Слайд 44
3D ed Internet per l’Archeologia
Ecco allora che il
3D, come si diceva all’inizio, rappresenta attualmente la forma
più avanzata ed interattiva di visualizzazione di un contesto, di un paesaggio, o anche più semplicemente di un sito. Ma il contenuto 3D che affianca il testo come va presentato?
Nell’era dell’HTML4 e precedenti si usava Flash oppure si sviluppavano appositi plugin
Nell’era dell’HTML5 sono messi a disposizione strumenti cross-platform come WebGL e canvas in grado di supportare modelli tridimensionali on-page nativamente; tools purtroppo ancora “acerbi”
Слайд 45
Flash vs plugins vs WebGL
Flash non funziona nei
browser per mobile devices, ma solo in-app attraverso Adobe
AIR
I plugins necessitano di un continuo sviluppo e costante aggiornamento e ugualmente non funzionano su mobile devices.
HTML5 è di fatto il nuovo standard comune per il web, è multi-piattaforma e multi-device
Consente la creazione di contenuti “liquidi” o “responsivi”, che si adattano cioè automaticamente all’interfaccia del display
Слайд 46
Generazione di modelli 3D in Archeologia
Tre strade principali:
Reality
based (strumentale)
Image-based: fotogrammetria, computer vision (Structure from Motion), etc.
Range-based:
laser scanner, etc.
Surveying: GNSS, stazione totale, etc.
Procedural (automatica a partire da algoritmi): ESRI City Engine, etc.
Computer graphics (manuale): 3DS Max, Maya, Blender, Cinema4D, Sketch-Up, etc.
Слайд 47
Discretizzazione dei modelli 3D
Ogni supporto hardware è in
grado di gestire una certa quantità di informazioni numeriche,
superata la cui soglia l’esperienza di fruizione diventa insostenibile. Si può chiamare discretizzazione quel processo che rende un modello 3D correttamente gestibile da ogni dispositivo sul quale viene mostrato.
La prassi comune è l’utilizzo dei LOD (Level of Details): ogni livello si attiva tenendo conto delle proprietà prestazionali del dispositivo su cui viene mostrato, della distanza dell’oggetto dalla camera, della sua importanza nella scena.
Ma qual'è la soglia minima sotto la quale non è lecito andare, senza per questo penalizzare la resa visiva ed i dettagli del modello?
Слайд 48
Esempio di LOD
Nella figura, un esempio di LOD
dipendente dalla distanza dell’oggetto dalla camera che inquadra la
scena: il LOD a 60.000 poligoni, miglior risoluzione del modello, si attiva quando l’oggetto viene inquadrato in primo piano, progressivamente si scende fino ad una decimazione totale da poche centinaia di poligoni quando la camera risulterà molto lontana e l’oggetto di fatto impercettibile. Le sue caratteristiche fondamentali saranno percepite dall’occhio dell’osservatore attraverso l’uso di appropriate texture piuttosto che da una fine modellazione della statua.
http://www.cs.virginia.edu/~gfx/Courses/2004/RealTime/lecture06.LOD1.ppt
Quando bisogna applicare i LOD ai terreni, si parla di Chunked LOD: il concetto è simile ai tile tipo Google Maps, avvicinandosi al terreno il software si preoccupa di caricare porzioni di terreno a più alta risoluzione ma più piccoli, solo nel punto inquadrato dalla camera. Tecnica anche nota come Quad-Tree, in italiano “paginazione di file”.
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Discretizzazione dei modelli 3D
Quasi sempre è una questione
di ottimizzazione del software, ovvero del player che, chiamato
ad interfacciarsi con l’hardware, gestisce i dati che quest’ultimo deve tradurre in informazione visiva.
Il punto nello spazio è una entità geometrica di fatto senza peso per il software, ma quando tre punti sono chiamati a generare un piano, una miriade di informazioni si aggregano a quelle singole dei tre punti.
I LOD possono non bastare, è necessario adottare ulteriori tecniche.
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Discretizzazione dei modelli 3D
Texturing: nessun modello digitale sarà
“perfetto” se non viene rivestito di texture gestite in
modo corretto, attraverso processi di generazione fotografica. È la texture stessa a fornire dettaglio, sgravando l’operatore dalla necessità di modellare i particolari ed il software dalla necessità di gestirli.
Render to texture: è una tecnica che consente di precalcolare molti degli effetti di illuminazione (colori, ombre, etc.), permettendo di visualizzare una scena 3D in modo corretto anche su dispositivi non in grado di effettuare un rendering in real-time. Ma può andare oltre, consentendo la generazione di Normal bump maps che, una volta applicate all’oggetto “low-poly” ne incrementano artificialmente il livello di dettaglio avvicinandolo alla resa di un “high-poly” (baking).
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Baking textures
Dato il modello high poly, le informazioni
di rendering sono trasferite su un file immagine (“baking”):
l’alta qualità di questo modello viene quindi trasferita sul modello low poly attraverso semplici operazioni di texturing. Una volta “colorato” ed illuminato l’oggetto, all’interno di una scena in movimento la differenza tra i due modelli sarà di fatto impercettibile.
LOD e texturing sono le principali tecniche in uso nei mondi interattivi.
http://www.3dvia.com/blog/modeling-for-games-why-does-it-look-so-good/
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Different type of textures
Color map
Bump map
Normal map
Disp map
http://www.cgenie.com/tutorials/article/1-tutorials/5-introduction-to-bump-normal-and-displacement-textures.html
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Rappresentare l’incertezza archeologica
L’incertezza archeologica è quel tassello della
conoscenza ricostruibile attraverso elementi indiretti, che non si appoggia
dunque ad alcun dato reale. Base del progredire della ricerca, manca di una sua traduzione visivamente efficace e culturalmente valida.
Visivamente, è possibile utilizzare diverse opzioni, dai colori diversificati, ai livelli di trasparenza, ai layer, a elementi in sovraimpressione, tutte tecniche che presentano pro e contro a seconda dei casi cui sono applicate.
Culturalmente, è molto complesso chiedere al lettore di addentrarsi nei meandri della discussione accademica senza appesantire la lettura. Tenendo presente che non è gestibile la mole di dati propria della ricerca.
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2 esempi di trasparenza della ricostruzione
Il “Tempio di
Claudio” sul Celio, immagine dall’applicazione interattiva sviluppata per la
ricostruzione della Domus Aurea da Borghini-Carlani (Viscogliosi 2006: “… Immaginare la Domus Aurea”)
La “Villa di Livia”, uso di diversi gradi di trasparenza per giustificare le ipotesi di ricostruzione nel progetto “Ancient via Flaminia” del CNR (Forte 2007)
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Per concludere: problemi aperti
Manca uno standard valido e
riconosciuto per la discretizzazione dei modelli 3D
Manca uno standard
che stabilisca delle regole di base per lo storage dei modelli 3D, a partire dal formato
Manca uno standard che guidi l’utente alla generazione dei metadati collegati al modello 3D
Una assenza di punti di riferimento che si ripercuote tanto nella generazione manuale dei modelli quanto nella loro generazione per mezzo di strumentazione (ad es. laser scanner, fotogrammetria, etc.)
In tutto questo ogni gruppo fa da sé, ma nessuno fa per tre, e stiamo costruendo una mole di dati, un mare magnum senza scogli né boe di appiglio
Tutto questo all’industria non interessa, dobbiamo fare da soli
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Standard: quo vadis?
Standard: “Tipo, modello, norma, cui viene
uniformata una data produzione o attività”
Definizione non pertinente in
Archeologia poiché ogni archeologia ha metodi di produzione del dato che sono propri (e non potrebbe essere diversamente: come pensare di scavare allo stesso modo un sito preistorico ed un sito medievale? Ma anche allo stesso modo due siti classici diversi?)
Standard è anche: “Complesso di elementi che individuano le caratteristiche di un determinato processo tecnico”.
In Archeologia diventa chiarificazione della metodologia archeologica, composta da rigore nelle procedure ed empiricità della ricerca umanistica.
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Per concludere: future prospettive
Un framework multipiattaforma libero per
la gestione dei modelli 3D nei Beni Culturali. ENEA-Grid,
AR-Nexus, NUBES, sono passi importanti ma ancora a metà strada per diversi motivi
Un framework multipiattaforma libero per la gestione dei dati archeologici in rete e la fruizione da parte pubblica
Una “tavola rotonda” che cominci a mettere dei punti fermi, indicando alcune best practices per la produzione, gestione, conservazione dei modelli 3D
Tutto ciò all’industria non interessa, dobbiamo fare da soli: idee, proposte? È tutto bene accetto…
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Perché fare 3D in Archeologia
“Nell’epoca del digitale in
cui ci troviamo […], grazie all’attraversamento non lineare di
un territorio virtuale, reso possibile da [appositi] strumenti ed elaborazioni […], ciascuno di noi può costruire il proprio percorso di conoscenza, ma a condizione che vengano rispettati opportuni criteri di scientificità, apertura e trasparenza”.
Camporesi-Palombini-Pescarin, in Forte 2007, p. 120.
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Bibliografia di riferimento
Forte 2007: La Villa di Livia.
Un percorso di ricerca di archeologia virtuale, Roma 2007
(http://www.vhlab.itabc.cnr.it/flaminia/index02.html)
Ingold 2000: The perception of the environment, New York 2000
Limoncelli 2012: Il restauro virtuale in archeologia, Roma 2012
Viscogliosi 2006: “L’uso delle ricostruzioni tridimensionali nella storia dell’architettura: immaginare la Domus Aurea”, in Haselberger-Humphrey (ed. by), Imaging Ancient Rome. Documentation, visualization, imagination, JRS Suppl. 61 (2006)
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Link freschi
Apps bring museum studies to life (19/06/2012)
http://archaeosoup.com/?p=4956
Expanding
access to research publications (19/06/2012)
http://www.researchinfonet.org/publish/finch/
http://www.guardian.co.uk/science/2012/jun/19/open-access-academic-publishing-finch-report?cat=science&type=article
In UK l’open access
può arrivare a costare 60milioni di sterline l’anno: ma le ricadute positive in termini di efficienza della ricerca sono maggiori.